OLTRE LA MORTE

Il lamento della mamma ,emesso con voce roca ed impastata, ora stanco e sonnacchioso, ora stridulo ed incalzante, ora sommesso, ora urlato, ora parlato, ora cantato, sembrava seguire  uno spartito composto direttamente da un cuore straziato nei momenti di più acuto dolore. Esso si confondeva con quello delle  altre persone della famiglia più stretta che, tuttavia, allargandosi ai nonni, agli zii, ai cugini, ai fratelli, faceva un gruppo numericamente molto nutrito e, sul piano dell’esito, una corale di 20 , 30 voci a tempi individuali, dal canto indistinto e,a volte, confuso; ma mai stonato, perché costantemente accordato sul ritmo eterno, universale ed immutabile che esprime la sofferenza umana.Solo di tanto in tanto, il lamento della mamma, anche se sempre più flebile, s’impennava ed usciva dal coro con un a solo più chiaro e distinto; proprio come quegli alberelli della foresta che s’innalzano, esili ma determinati, per uscire dalla fredda ombra e guadagnare così visibilità e vita alla luce calda del sole.Ed era proprio in questi a solo che si poteva cogliere distintamente la bellezza e la grandezza della creazione poetica, arricchita di immagini che il dolore dettava lì per lì;immagini innate nel cuore di ciascuno , che solo la sofferenza e l’amore sono in grado di far emergere.
Il lamento funebre si propagava, portato dal vento, nei vicoli e nelle viuzze del paesino arroccato intorno alla Chiesa Madre; diffondendo, così, la notizia della morte del bambino, peraltro già annunciata poco prima dai rintocchi della campanella; squillanti come colpi improvvisi che squarciavano l’aria e il cielo, ma lenti e prolungati come un pianto sommesso e soffocato e che, secondo un codice antico e noto  da sempre a tutta la comunità, comunicava, fin nelle contrade più lontane e sperdute, non solo l’evento funebre ma anche il sesso e l’età  approssimata del defunto.
A tale richiamo, la gente accorreva con il suo cartoccio di confetti  da lanciare sul corpicino, come si usava fare  a quel tempo, in un estremo gesto d’amore. E la sera, quando tutti i parenti ed i compaesani avevano già reso omaggio alla salma,il corpo del bimbo risultava letteralmente sommerso dai confetti, dalla testa ai piedi; Solo il viso rimaneva scoperto, perché gli interventi premurosi dei familiari provvedevano a liberarlo, via via che i nuovi arrivi lo ricoprivano. Tutt’intorno, la commozione era palpabile.Il lamento della mamma e delle parenti più strette era  contagioso e finiva per coinvolgere tutti. Tuttavia, se la commozione era tanta, la miseria ed il bisogno di quel tempo erano di gran lunga  maggiori. E più che il dolor pote’ il digiuno !In realtà, la cosa che maggiormente colpiva, non erano i confetti in sé; giacché quello di portare in dono ai morti in tenera età mandorle e confettini era un costume molto antico; era piuttosto la quantità enorme delle leccornie a sbalordire! Tre persone, in particolare, rimasero tanto colpite da quello spettacolo da non riuscire a staccare gli occhi da quell’alta montagna innevata che veniva formandosi davanti a loro;forse perché arrivate a far visita già a sera tardi, quando la cassa quasi tracimava; forse perché la figlia di una di loro doveva sposarsi dopo poco; forse perché, considerati i rapporti con la famiglia del defunto, tutte e tre si soffermarono a piangere sul corpicino freddo del bambino, venendo così in contatto fisico con quel tumolo bianco;fatto sta che, tutte e tre, nel porgere le condoglianze ai familiari, seduti uno accanto all’altro intorno al catafalco, tutte e tre, contemporaneamente, in lacrime, si lasciarono sfuggire questa esclamazione:

- Che peccato ……! Tutto nel fosso……..ad ingrassare la terra….!

Chiaramente,tutti i presenti pensarono che si trattasse di amare quanto scontate riflessioni sulla tragicità dell’effimera vita umana ; ma a quelle signore bastò uno sguardo furtivo  per intendersi e per concludere, lì su due piedi, un patto tacito, in presenza del morto.Ed una volta fuori, bastarono poche parole per fissare le modalità del recupero di tanto, per quei tempi, ben di Dio. L’intervento si sarebbe fatto la notte prima della tumulazione, nell’ora canonica per tutte le storie di defunti : mezzanotte in punto!Le tre donne parteciparono con immutata commozione ai funerali del giorno successivo ed assistettero al deposito del feretro nell’obitorio,quasi per assicurarsi che tutto avvenisse come d’abitudine.
La sera concordata per l’operazione, all’approssimarsi dell’ora stabilita, una delle tre avvertì le altre due che non si sarebbe presentata nel luogo convenuto, a causa di un imprevisto e, nel contempo, le pregava di non rinunciare all’impresa.
In verità, quest’ultima raccomandazione era del tutto inutile, in quanto le due amiche erano ancora più determinate ad agire da sole,pregustando già la gioia di dover dividere il bottino per due e non  più per tre.Esse non sapevano che fin da mezz’ora prima della mezzanotte, l’amica rinunciataria, si trovava già ben nascosta in una tomba, ben visibile dall’obitorio. Non appena sentì cigolare il cancello di ferro, prima che le sue amiche potessero entrare nella camera mortuaria, si avvolse tutta con il lenzuolo bianco del suo letto matrimoniale, che si era portato da casa e cominciò a correre ed a saltare tra le tombe, brandendo minacciosamente un lungo ceppo ardente che, grazie al movimento d’aria creato dalla sua folle corsa, si ravvivava, lanciando faville di fuoco in tutte le direzioni ed emettendo un roboante scoppiettio. A tale visione, le due amiche, terrorizzate, pensando di trovarsi di fronte il diavolo in persona, intervenuto direttamente dall’inferno per evitare che si compisse un misfatto che anche lui, re del male, considerava indegno, guadagnarono la strada a gambe levate.
Rimasta, dunque,libera del campo, la terza amica, smessi gli abiti satanici e dopo aver baciato il freddo corpicino, svuotò la bara di tutti i confetti, riempiendo fino all’orlo il sacco che aveva portato con sé. Per tacitare i rimorsi, una volta sull’uscio, si girò e lanciò una manciata di confetti nella bara.
Gli invitati al matrimonio della figlia li trovarono buoni.